Il Matto
I tarocchi in dettaglio
Il MATTO è senza numero, dopo gli assi, può prendere il ventiseiesimo posto e corrispondere alla lettera greca Omega con valore 800.
Dominazione solare e influenza lunare passiva.
La creazione alla fine del ciclo.
Etimologicamente: il morto.
Il numero 800 Omega, la fine.
Il Matto, cosciente della caducità della vita terrestre umilia il vanitoso che si vanta della sua saggezza.
Come Cronos il Matto è fuori dal tempo e rappresenta l’immutabile età dell’oro, dell’abbondanza, dell’eterna giovinezza.
Il Matto è fuori dalle strutture della società, è il provato, l’iniziato, che sfida tutte le norme dell’opinione, è il pellegrino, lo straniero, l’incompreso ed anche il semplice.
Il Matto non si pone la domanda sulla verità, egli esperimenta la vita nella sua immediatezza irrazionale e creatrice.
Il saggio travestito da matto e da giullare non si gira a guardare indietro, ha la forza per continuare imperturbabile oltre le avversità e le sofferenze, poche cose essenziali nel fagotto, la fede nella bellezza e nella bontà della vita.
Con l’Amore c’è la Vita e la sua personificazione è il Matto.
26 riconducibile a 8 che ruotato di 90° è simbolo dell’infinito.
26 annuncia la fine ed il principio, la totalità, il prima e il dopo, è il numero dell’esistenza.
“Scacco matto”, "Il Re è morto, lunga vita al Re!"
L’origine e il significato di “scacco matto” è incerto. Nella lingua italiana viene fatto derivare dal persiano Shāh Māt, mutuato dall'arabo e che significa "il re è morto”, da cui anche lo spagnolo "matar" (ammazzare).
All’origine del gioco degli scacchi il re poteva essere catturato facendo terminare così la partita. I persiani, successivamente, introdussero l'idea di avvisare della minaccia con "scacco al re” per evitare le fini premature della partita per banale distrazione.
Questo portò alla naturale evoluzione nella quale il Re non poteva essere mosso in caselle sotto scacco. Lo Scacco Matto diventava quindi la naturale conclusione del gioco in cui il Re non aveva più a disposizione caselle libere da attacco per evitare lo scacco.
Nel 1561, il sacerdote spagnolo Ruy Lopez de Segura pubblicò ad Alcalà il “Libro de la invencion liberal y arte del juego del Axedrez muy util y provechosa”, che fu presto acquisito e tradotto in tutta Europa.
"Il Re è morto, lunga vita al Re!" (in inglese "The King is dead, long live The King!", in francese "Le Roi est mort, vive le Roi!", in spagnolo "El rey ha muerto, ¡viva el rey!", in portoghese "O rei está morto, longa vida ao rei!").
Nell’assicurare la continuità esprime una contradizione.
Giovanni Leonardo Di Bona, noto anche con il nome di Leonardo Giovanni da Cutro, detto "il Puttino" (1552 – 1597), è stato uno scacchista italiano.
Giovanni Leonardo era ancora studente di legge a Roma quando subì una sconfitta da parte del sacerdote spagnolo Ruy López.
Si trasferì a Napoli, dove risiedette per un paio d'anni, ospite di uno zio con cui giocava molto ed avanzava nella qualità.
Tornato a Cutro liberò suo fratello, rapito dai saraceni, sconfiggendo il capo dei pirati e vincendogli anche 200 ducati.
Girovagò per le corti dei principi italiani spingendosi in Spagna e Portogallo affrontando i più famosi campioni dell’epoca.
Fu il primo campione di scacchi "d'Europa e del Nuovo Mondo", incoronato alla Corte del Re Filippo II di Spagna nel 1575. La sua memorabile impresa rimase nella storia perché il giocatore rifiutò la grossa ricompensa messa in palio dal re per ottenere, in cambio, che il suo paese, Cutro, fosse proclamato "Città" e i suoi abitanti esentati dal pagamento delle tasse per un periodo di vent'anni.
La vittoria del Puttino, perpetrata ai danni di monsignor Ruy López vescovo di Segura come una rivincita, è ricordata, ogni anno, la sera del 12 agosto, nella piazza centrale di Cutro, dove è stata costruita una scacchiera gigante, attraverso una partita a scacchi viventi, con centinaia di figuranti, e nel mese di aprile di ogni anno, ospita un importante torneo internazionale al quale partecipano talenti scacchistici di tutto il mondo.
Giovanni Leonardo Di Bona morì avvelenato per invidia all’età di 45 anni a Bisignano nel 1597, alla corte del Principe Sanseverino.
“Il campione è morto, viva il campione”.